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I Vini del Vesuvio

Un Mito Sempre Attuale

La diffusione delle attività e della cultura del vino nell'area vesuviana già in epoche antichissime sono testimoniate dal rinvenimento a Pompei e nelle ville rustiche circostanti di numerose pitture murali raffiguranti uve e vigneti e di taverne, anfore, doli, torchi e altre suppellettili.

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Il suolo vesuviano è caratterizzato dalla grande fertilità dei terreni dovuta alla presenza dei minerali contenuti nelle lave stratificate. Questa composizione dei terreni rende l’area vesuviana particolarmente adatta alla coltivazione di numerosi prodotti agricoli, tra i più noti l’albicocca e il pomodorino del piennolo, e della vite che qui, proprio in virtù della natura dei suoli, risulta essere immune alla filossera e può perciò essere riprodotta autoctonamente senza l’utilizzo delle viti americane: sono, cioè, su piede franco, ovvero sono ancora le viti che vi si acclimatarono millenni fa.

Furono i Romani a sviluppare le potenzialità vinicole del Somma-Vesuvio impiantando la vite da cui ha avuto origine il Lacryma Christi: numerose e famose sono in tutto il mondo e ville romane e le masserie rustiche, riemerse dalle ceneri dell’eruzione che nel 79 d.C. seppellì Pompei e gran parte della piana vesuviana, dove sono stati rinvenuti doli, torchi e altre suppellettili che testimoniano una cultura e un’attività enologica ampiamente diffuse e sviluppate presso gli antichi abitanti di queste terre.

Le uve vesuviane sono coltivate nei caratteristici vigneti in declivio, alle pendici del vulcano fino a 400 metri di altezza. Tra i vitigni più conosciuti vi sono il Caprettone, chiamato anche Coda di Volpe per la caratteristica forma del grappolo che ricorda appunto una coda di volpe, utilizzato nell’uvaggio del Lacryma Christi Bianco e il Piedirosso, localmente detto Per e’ Palummo o Palumbina per il grappolo che ricorda un piede di colombo, che compone invece il Lacryma Christi Rosso e il Vesuvio Rosso e Rosato.

Nell’area di Somma Vesuviana, Sant’Anastasia, Ottaviano e Pollena Trocchia viene prodotta l’uva Catalanesca, un vitigno a buccia bianca importato nel 1450 da Alfonso I d’Aragona, utilizzato per la produzione del Catalanesca del Monte Somma.

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Le denominazioni di origine controllata (DOC) Lacryma Christi del Vesuvio e Vesuvio interessano 15 comuni della provincia di Napoli, tra i quali Ottaviano, dove sono presenti i vigneti della famiglia Romano, tutti ad alta vocazione vitivinicola e localizzati sulla fascia pedemontana del Vesuvio.

Il Lacryma Christi Bianco è ottenuto da Coda di Volpe bianca e/o Verdeca (min 80%), Falanghina e/o Greco (max 20%) con con gradazione alcolica minima del 12%; Il Lacryma Christi Bianco viene utilizzato anche per produrre uno Spumante e un vino Liquoroso.

Il Lacryma Christi Rosso è prodotto con Piedirosso e/o Sciascinoso (min 80%), Aglianico (max 20%) con gradazione alcolica minima del 12%.

Il Lacryma Christi Rosato è ottenuto da Piedirosso e/o Sciascinoso (min 80%), Aglianico (max 20%) con gradazione alcolica minima del 12%.

Si possono fregiare della denominazione di Lacryma Christi quei vini prodotti da uve che sono state raccolte quando dai loro acini stillano lacrime di zucchero. Quando i vini hanno una gradazione alcolica inferiori all’11% per il bianco e al 10,50% per il rosso e il rosato sono denominati Vesuvio.

I vini Igt Pompeiano bianchi, rossi e rosati sono ottenuti per almeno l’85% dai vitigni Aglianico, Coda di Volpe bianco, Falanghina, Piedirosso, Sciascinoso.

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Coda di Volpe

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Piedirosso

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Catalanesca

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